FRINGE BENEFIT E FLEXIBLE BENEFIT: QUAL’E’ LA DIFFERENZA?

Tutti ne parlano e tutti li desiderano, ma molti non hanno capito le differenze tra i due: stiamo parlando dei flexible benefit e dei fringe benefit.

Te lo stai domandando anche tu? Perfetto, sono qui apposta per spiegartelo!

Iniziamo a spiegare cos’hanno in comune: entrambi nascono come servizi che il datore di lavoro offre ai dipendenti al fine di migliorare il loro benessere, sia in ambito lavorativo, che in ambito privato. I vantaggi per i quali vale la pena per un’azienda investire in tali benefit sono parecchi:

  • aumento della produttività dei dipendenti;
  • riduzione del turnover;
  • attrazione di nuovi talenti;
  • agevolazioni ed esenzioni fiscali;
  • minor assenteismo;
  • miglior clima lavorativo;
  • aumento brand reputation.

1. Cosa sono i fringe benefit?

La legge italiana definisce i fringe benefit come “compensi in natura”, essi non possono essere pertanto sotto forma di denaro ma soltanto sotto forma di beni e servizi e concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente quando il loro valore supera l’importo di 258,23€ nel periodo d’imposta. È bene precisare che qualora la cifra superasse tale limite, l’intero importo diventerebbe reddito imponibile tassato in busta paga, e non soltanto la somma eccedente.

 A tal proposito comunichiamo che nell’ultimo Decreto Sostegni lo Stato ha deciso di raddoppiare tale soglia esente da tassazione per tutto il 2021, portandola ad un massimo di 516,46€ (com’era stato fatto già l’anno scorso per dare sostegno ai dipendenti durante la pandemia). Il motivo per cui lo Stato ha optato ancora per questa via è duplice: da un lato aiutare i lavoratori, dando loro una pratica opportunità per sfruttare i benefici del welfare aziendale in un periodo difficile, l’altro per incentivare la spinta ai consumi in un anno in cui i più stanno tenendo la cinghia tirata.

Quali sono i fringe benefit più comuni? L’auto aziendale ad uso promiscuo, lo smartphone o tablet, i buoni pasto, i buoni carburanti, gli immobili in locazione o comodato d’uso gratuito, le gift card (es Amazon) e molti altri ancora.

Questi benefits vengono solitamente disciplinati nel contratto individuale che l’azienda stipula con il lavoratore e la loro tassazione varia a seconda della tipologia di benefit.

Per fare un esempio concreto ho scelto il caso delle auto aziendali ad uso promiscuo, essendo un benefit che ha fatto molto parlare di sé nell’ultimo anno, con l’introduzione nella legge di bilancio 2020 (L. 27 dicembre 2019, n. 160), all’art. 1, comma 632, di nuove regole antinquinamento, volte a incentivare l’acquisto di veicoli eco friendly.

Come funziona nello specifico?

Per quanto riguarda le auto immatricolate prima del gennaio 2020 e con contratto sottoscritto dall’azienda entro luglio 2020 vale ancora la vecchia normativa, con una tassazione pari al 30% del costo chilometrico in base alle tabelle ACI, indistintamente dal livello di emissioni di CO2 del mezzo.

Per quanto riguarda invece i nuovi mezzi aziendali acquisiti in data successiva al luglio 2020, viene introdotto il calcolo delle emissioni di anidride carbonica (CO2) ai fini della tassazione, con l’obiettivo di penalizzare i veicoli maggiormente inquinanti e, a partire dal gennaio 2021, tali percentuali sono state ulteriormente inasprite.

Gli scaglioni di tassazione sono attualmente i seguenti:

25% per i veicoli con valori di emissione di CO2 fino a 60g/km;

50% per i veicoli con valori di emissione di CO2 superiori a 160g/km ma non a 190g/km;

60% per i veicoli con valori di emissione di CO2 superiore a 190g/km.

2. Cosa sono i flexible benefit?

I flexible benefit sono considerati una forma di retribuzione complementare allo stipendio del lavoratore. Questi beni e servizi messi a disposizione dall’azienda per i dipendenti sono definiti “flessibili” perché adattabili alle esigenze di ciascun lavoratore.

L’azienda mette a disposizione un paniere di servizi ed ogni singolo dipendente viene dotato di un budget da poter spendere in ciò che rispecchia di più le sue esigenze, componendo così la propria scelta personalizzata.

Questi benefici nascono con l’intento di riuscire a conciliare al meglio l’equilibrio vita-lavoro dei dipendenti e diffondere benessere all’interno delle aziende. A differenza dei Fringe benefit, i flexible benefit non concorrono a formare il reddito imponibile e sono pertanto esenti da tassazione, eccezion fatta per i voucher (per i quali sussiste una soglia di esenzione fino ad euro 258,23), per la previdenza complementare (limite di esenzione pari ad Euro 5.164), e per le casse sanitarie (limite di esenzione pari ad Euro 3.615). Questo porta un vantaggio in più sia all’azienda che al dipendente: maggior potere d’acquisto per i dipendenti, mentre l’impresa non dovrà corrispondere contributi previdenziali su quella porzione di reddito.

Essendo i flexible benefit una retribuzione complementare al compenso ordinario, non possono essere offerti ad un solo lavoratore o ad un numero ristretto come i fringe benefit, ma devono essere erogati in egual maniera o all’intera comunità di lavoratori o suddividendoli in categorie omogenee.

I flexible benefit, di conseguenza, non vengono stabiliti nel contratto individuale con il singolo lavoratore, ma vengono solitamente regolamentati tramite i contratti collettivi nazionali, le contrattazioni sindacali o inseriti nel regolamento aziendale.

Per quanto riguarda la scelta, la lista è davvero ampia, l’importante è saper individuare quali sono i benefit più adatti alla propria comunità lavorativa e proporre un paniere dove tutti possano effettivamente trovare ciò di cui hanno realmente bisogno.

Alcuni esempi tra i benefit più utilizzati?

  • Abbonamenti a mezzi di trasporto
  • Voucher e buoni acquisto, come buoni pasto o buoni carburante
  • Assistenza ai famigliari anziani
  • Assistenza ai figli
  • Rimborsi alle spese scolastiche dei figli, asili nido, campus estivi
  • Polizze assicurative
  • Abbonamenti di qualsiasi tipo, dalla palestra al cinema
  • Viaggi
  • Mutue sanitarie

Essendo sul tema riporto anche una notizia di pochissimi giorni fa: L’Agenzia delle Entrate, nella RISOLUZIONE n.37/E del 27.05.21 ha dato l’OK al rimborso tramite welfare aziendale delle spese per acquisto di pc e tablet per i figli dei dipendenti in DAD, purché forniti di documentazione rilasciata dall’Istituto scolastico o dall’Università che attesti l’avvenuta didattica a distanza.

Si ricorda, infatti, che i datori di lavoro possono decidere di finanziare l’istruzione dei figli dei dipendenti in vari modi sfruttando il welfare aziendale e, avendo il covid introdotto questa modalità forzata di studio da casa, computer e laptop si sono resi strumenti necessari all’istruzione e quindi l’Agenzia delle Entrate “ritiene che il rimborso delle spese sostenute dal dipendente per il loro acquisto e successivamente rimborsate dal datore di lavoro non genera reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 51, comma 2, lettera f-bis), del Tuir”.

Un altro vantaggio dei flexible benefit è la possibilità di attingervi convertendo, in tutto o in parte, il premio di risultato: in questo caso il dipendente, anziché ricevere in busta paga la spettante cifra tassata al 10%, potrà usufruire della cifra intera esentasse da spendere in beni e servizi di welfare aziendale, il che significa aumentare il proprio potere d’acquisto.

Concludendo, come avrai capito le possibilità sono davvero tante e i benefici altrettanti, il consiglio è sempre quello di fare una scelta mirata sui reali bisogni della tua popolazione lavorativa.

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Ernesto De Petra

Fondatore di Farwel

Consulente specializzato nell’ambito del Welfare Aziendale ad Personam

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A presto,

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