Perché manca la manodopera in Italia?

Secondo un recente rapporto di Confartigianato le imprese italiane faticano sempre più a trovare manodopera: nell’ultimo anno la quota di lavoratori introvabili sul totale delle assunzioni previste è passata dal 40,3% del 2022 al 48% di oggi.

Tale fenomeno colpisce tutti i settori, con particolare difficoltà nella reperibilità dei tecnici specializzati nella carpenteria metallica, nelle costruzioni, nella conduzione di impianti e macchinari.

A livello regionale, vi sono in testa le imprese del Trentino-Alto Adige, con il 61,6% del personale difficile da trovare. Seguono Valle d’Aosta (57,1%), Umbria (54,6%), Friuli-Venezia Giulia (53,3%), Emilia-Romagna (52,7%), Piemonte (52%) e Veneto (51,4%) ma, secondo tale rapporto, questo problema è in crescita ovunque: nell’ultimo anno, infatti, la quota di lavoratori difficili da trovare è salita di 9,1 punti al sud, di 6,9 punti al Centro, di 7,4 punti nel Nord Ovest e di 6,5 punti nel Nord Est.

Le motivazioni sono principalmente le seguenti:

  • per il 32,4% la mancanza di candidati
  • per il 10,8% l’inadeguata preparazione dei candidati.

Va però anche considerata una variabile demografica sfavorevole in Italia, legata all’età media della popolazione e quindi ad uno squilibrio tra pensionati ed occupati, soprattutto nel meridione, che soffre maggiormente dello spopolamento ed invecchiamento dei suoi abitanti: l’età media della popolazione lavorante negli ultimi decenni è aumentata ed in talune regioni si assiste già ad una percentuale maggiore di pensionati rispetto ai lavoratori.

La situazione è paradossale, in quanto l’economia in miglioramento ha portato ad una florida crescita della richiesta di nuovi posti di lavoro ma non ci sono i lavoratori, aggravata dal fatto che 1,7 milioni di giovani italiani tra i 15 e i 25 anni non studia, non lavora e non cerca attualmente lavoro.

Questo problema non riguarda solo l’Italia: ammonta al 3,1%, secondo gli ultimi dati di Eurostat, la percentuale dei posti vacanti in Europa (In Italia la soglia è del 2,3%, secondo i dati Istat, per un totale in cifre di circa 1 milione di posti inoccupati).

Quali sono le possibili soluzioni?

Per fronteggiare il problema le aziende stanno ricorrendo all’aumento delle retribuzioni e dei contratti indeterminati, abbinandoli ad un’offerta di pacchetti di welfare aziendale, alla flessibilità dell’orario di lavoro, all’utilizzo dello smart working, ad interventi per migliorare il clima aziendale e il comfort sul luogo di lavoro. In poche parole, il tema centrale è la creazione di lavoro di qualità, che è poi ciò che chiedono in prevalenza i giovani durante i colloqui di lavoro ed è pertanto ciò che serve per attrarre e trattenere i talenti.

Lo Stato, da parte sua, è necessario che attui soluzioni per avvicinare la scuola al mondo del lavoro, per formare i giovani in maniera adeguata soprattutto negli Istituti Professionali e Tecnici, investendo sulle competenze, a cominciare da quelle digitali e puntando sull’alternanza scuola lavoro e sull’apprendistato duale e professionalizzante.

Oltre a ciò, si spera e ci si aspetta che i governi continuino a facilitare sempre più la divulgazione degli strumenti di welfare aziendale, non soltanto in termini di aumento della soglia dei fringe benefit (come sta accadendo negli ultimi anni), ma nell’ottica di promuovere una cultura d’impresa che metta al centro i dipendenti ed i loro bisogni come strategia di crescita ed evoluzione aziendale e quindi sociale.

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A presto,

Direttiva UE 2019/1158: VERSO LA PARITA’ DI GENERE SUL LAVORO E NEI RUOLI GENITORIALI.

In seguito ad un lungo dibattito in Europa, incominciato nel 2016 e riguardante la necessità di equilibrare uomini e donne nella partecipazione al mondo del lavoro e nel ruolo di cura dei figli, l’Unione Europea è arrivata a stilare la direttiva UE 2019/1158, relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i caregiver. 

Tale provvedimento si inquadra in una Strategia per la parità di genere 2020-2025, la quale identifica alcune priorità chiave per la creazione di un’economia paritaria sia nelle possibilità lavorative che sul livello retributivo.

I dati:

considerando il tasso di occupazione per genere, si nota in Europa una differenza di genere elevata in media, ancor più allarmante in Italia: nel 2020, il 77,2% degli uomini aveva un lavoro contro il 66,2% delle donne. Analizzando il nostro paese, prima della pandemia il 72% degli uomini lavorava, quindi registrava un dato leggermente inferiore rispetto alla media europea, mentre solo 1 donna su 2 aveva un lavoro (52%): si nota quindi un divario molto più ampio, oltre che una percentuale assoluta più scarsa di donne nel mondo del lavoro.

Va sottolineato inoltre come questo divario si aggravi se consideriamo il tasso di occupazione per genere in presenza di figli. Mediamente in Europa si riscontra infatti come siano proprio i padri a lavorare di più anche rispetto agli uomini senza figli, mentre per le donne vale il contrario, a conferma dell’abitudine culturale radicata di pensare all’uomo di famiglia come unico percettore di reddito ed alla donna come colei che si prende cura di casa e figli.


Tasso di occupazione per presenza di figli/e, anno 2020. Fonte: Eurostat, 2021

A conferma di questa tendenza le donne tendono a lavorare molto più spesso part-time e con contratti a tempo determinato rispetto agli uomini. Non sorprende dunque che le donne guadagnino meno rispetto agli uomini: secondo quanto riportato da Eurostat (2022), infatti, nel 2018 le donne hanno percepito una retribuzione oraria lorda in media inferiore a quella degli uomini di 14,4 punti percentuali. La pandemia non ha sicuramente migliorato la situazione, che ha oltretutto gravato di più su settori lavorativi a prevalenza femminile che maschile.

L’adozione della Direttiva 2019/1158:

In questo scenario si inserisce dunque l’adozione della direttiva 2019/1158 relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza, cercando di insistere particolarmente non solo sulla parità di genere lavorativa, ma anche sull’equilibrare la condivisione delle responsabilità di cura tra entrambi i genitori, puntando ad aumentare il ruolo attivo dei padri.

Come? Prevedendo innanzitutto un congedo di paternità della durata minima di 10 giorni al momento della nascita dei figli e che questo sia retribuito almeno al pari dell’indennità di malattia, ma anche la previsione del congedo parentale di 4 mesi per ciascun genitore, di cui 2 mesi non trasferibili all’altro genitore e la previsione dei 5 giorni di congedo per i prestatori e le prestatrici di cura.

Vi è tuttavia un limite in tale iniziativa, ovvero che ad oggi riguarda solo i lavoratori dipendenti ed esclude quindi gli autonomi.

Tale cambiamento può invece essere sostenuto e favorito dalla previsione del congedo parentale di 4 mesi per ciascun genitore, di cui 2 mesi non trasferibili all’altro genitore o dalla previsione dei 5 giorni di congedo per i prestatori e le prestatrici di cura.

Sussiste anche un secondo limite, cioè la necessità che i congedi siano remunerati in modo adeguato affinché anche gli uomini possano utilizzarli. Nella Direttiva viene lasciata agli stati membri la discrezione di decidere quale sia questo livello di remunerazione o se addirittura remunerarli o meno, chiaro che se così non fosse l’utilità della Direttiva verrebbe meno, ci si augura che ciò non accada data l’opportunità di cambiare le cose su una tematica tanto attuale quanto importante. A tal proposito si ricorda che con la conversione in legge dell’ultimo Decreto lavoro 5,8 milioni di lavoratori italiani con figli a carico, vale a dire il 35,8% dei dipendenti totali del settore privato, potranno beneficiare di un innalzamento della soglia dei fringe benefit fino ad un tetto massimo di 3000€, mentre resta invariata per i dipendenti senza figli a carico la cifra ordinaria di 258,23€.

Per maggiori informazioni ne parliamo in questo articolo à https://www.ernestodepetra.it/fringe-benefit-fino-a-e-3-000-ma-solo-per-i-genitori-con-figli-a-carico/

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WELFARE AZIENDALE NELLE PMI: SEMPRE PIU’ DIFFUSO E DIGITALIZZATO!

Secondo una recente indagine realizzata dalla Fondazione Studi, intervistando la categoria dei consulenti del lavoro emerge che le PMI italiane stanno utilizzando sempre di più il welfare aziendale, andando oltretutto via via migliorandone la sua digitalizzazione dei servizi offerti. Questo è quanto dice il 55,9% dei consulenti intervistati.

Approfondendo il tema si scopre quanto segue:

per il 61,1% del campione nel prossimo triennio il welfare aziendale vedrà un’ulteriore impennata, con particolare riguardo agli strumenti per venire incontro ai bisogni essenziali delle famiglie (77,4%), all’area salute e assistenza (38,1%), alla conciliazione vita-lavoro (33,5%) alla formazione (21,9%) ed alla previdenza integrativa (18,6%).

Emerge inoltre un dato che vede delle differenze nella scelta dei servizi più attivati tra il nord e il sud Italia: se al nord la spinta verso questi strumenti, oltre ad essere più netta, abbraccia una gamma più ampia di interventi, perlopiù in tema di salute, assistenza e conciliazione vita-lavoro, al sud spicca una maggiore attenzione al tema della formazione.

Si ritiene che buona parte di questo boom sia dovuto ai vantaggi fiscali previsti dalla normativa sul welfare aziendale (negli ultimi anni ulteriormente aumentati, seppure magari per periodi ristretti di tempo), ma anche al costante aumento dell’inflazione, con conseguente diminuzione del potere d’acquisto da parte dei dipendenti con il solo salario, che necessiterà quindi sempre più di un’integrazione, per compensazione.

Nelle PMI, complici gli ultimi interventi normativi che hanno aumentato negli ultimi anni la soglia di deducibilità dei fringe benefit, si diffondono sempre più anche buoni pasto, buoni benzina e buoni multicategoriali e ci si aspetta una crescita costante nella diffusione anche di questi strumenti, perché considerati immediati e semplici da inserire, almeno finchè il legislatore continuerà ad operare nel favorirne la diffusione, come sta accadendo ultimamente.

Verso un welfare sempre più digitale.

Per incentivare ancor più la diffusione di questo strumento è necessario e ci si aspetta che possa diventare sempre più fruibile in maniera digitale, tramite l’uso di piattaforme facili da utilizzare per tutti i dipendenti.

Secondo gli intervistati, infatti, una maggiore digitalizzazione dei servizi di welfare grazie all’uso di piattaforme personalizzabili (come quella di FARWEL SRL) avrà un impatto molto positivo, in particolare su questi aspetti: la varietà e la flessibilità dei servizi erogati (52,7%), la gestione amministrativa (52,9%), la soddisfazione dei lavoratori (53,4%), il miglioramento della qualità degli strumenti a disposizione (54,4%).

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Fringe Benefit fino a € 3.000, ma solo per i genitori con figli a carico!

Il nuovo Decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023), pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 4 maggio, ha stabilito l’innalzamento del limite di deducibilità dei fringe benefit a 3000€, come accadde alla fine dell’anno scorso, ma solo per i dipendenti con figli a carico, mentre per tutti gli altri rimarrà valida la soglia standard di 258,23€ annui, come ex art. 51 comma 3 Tuir. Tale misura varrà per tutto l’anno di imposta 2023, che per il principio di cassa allargato si estenderà fino alla data del 12 gennaio 2024.

Confermata per lo stesso periodo anche l’estensione di tale somma al pagamento delle utenze domestiche.

Per quanto riguarda l’assegnazione di beni e servizi di cui all’art. 51 comma 3 (buoni benzina, buoni spesa) questi si considereranno percepiti, assumendo così rilevanza reddituale, nel momento in cui tale utilità entra nella disponibilità dell’utilizzatore stesso, che dovrà comunque avvenire entro il 12 gennaio 2024 a prescindere dal fatto che il servizio venga fruito in un momento successivo.

Trovi l’intero decreto visionabile qui à https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/05/04/23G00057/sg

Chi ne può beneficiare?

L’art. 40 del decreto Lavoro cita espressamente tra i beneficiari i lavoratori dipendenti con figli, compresi quelli nati fuori dal matrimonio ma riconosciuti, i figli adottivi o affidati, che siano fiscalmente a carico ex art. 12 del TUIR (si ricorda che l’art. 12, co. 2 del TUIR prevede che sia un familiare a carico colui che possiede un reddito complessivo non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili, elevato a 4.000 euro per i figli di età non superiore a 24 anni). Per poterne beneficiare, il dipendente dovrà fornire al datore di lavoro il codice fiscale dei figli a carico.

Si ricorda che l’eventuale innalzamento del limite a 3.000 euro, a differenza delle misure previste per il welfare aziendale, può essere fatto anche ad personam, non essendo previsto il requisito della generalità o per categorie omogenee di lavoratori.

E se i figli sono a carico per metà? Non è ancora chiaro se in questo caso il beneficio spetta per intero o se sarà da riproporzionare qualora i figli siano a carico al 50%: ci si aspetta in merito un chiarimento da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Compatibilità con il buono benzina 2023

Per l’anno 2023 il legislatore con il D.L. n. 5/2023 ha previsto la possibilità da parte del datore di lavoro di riconoscere ai propri lavoratori dipendenti dei buoni benzina, o titolo analoghi, per un valore massimo di 200 € per ciascun lavoratore.

Tale cifra andrà considerata all’interno dei 3000 € di limite o è “extra”?

Ciò che ci si aspetta è che trovi applicazione anche quest’anno la circ. n. 27/E/2022 con la quale l’Agenzia delle Entrate aveva chiarito che il bonus benzina è da considerarsi aggiuntivo al valore dei 3.000 euro, con la conseguenza che il buono non va ad “intaccare” tale limite, quantomeno per la parte fiscale.

Mi raccomando, non esistono solo i fringe benefit!!!!!

Ricordiamo che, e questo vale non solo per i dipendenti con figli a carico bensì per tutti i lavoratori dipendenti, rimane in aggiunta la possibilità di usufruire, senza limiti di importo, dei numerosi ed utili servizi di welfare aziendale, attivando piani personalizzati che possano rispecchiare i reali bisogni dei tuoi dipendenti. Ci riferiamo, per esempio, ai servizi di assistenza per la famiglia (babysitter, badanti, servizi infermieristici, ecc), formazione per i dipendenti e tutta la famiglia, visite mediche ecc.., banca delle ore, servizi che migliorino in maniera determinante l’equilibrio vita-lavoro dei dipendenti.

Un piano di welfare aziendale ben congeniato porterà innumerevoli vantaggi sia all’azienda che ai dipendenti: un generale miglioramento del clima aziendale, un maggiore attaccamento da parte dei lavoratori ai valori dell’azienda, un calo dell’assenteismo e del malcontento dei dipendenti, una maggiore attrazione di nuovi talenti ed il miglioramento della propria brand reputation, potendo usufruire inoltre della totale esenzione fiscale del premio welfare erogato, con un conseguente maggiore potere d’acquisto per i dipendenti rispetto alla percezione dello stesso premio in denaro.

La salute della tua azienda passa dalla salute dei tuoi dipendenti, sia fisica che mentale!

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Welfare aziendale: l’importanza di comunicarlo ai dipendenti!

Sono L’ Ing. Ernesto De Petra, fondatore di Farwel, la prima società specializzata nel welfare personalizzato.

Oggi parlerò dell’importanza di trasmettere un’adeguata comunicazione in azienda sul welfare aziendale, sui benefici che comporta e sull’educazione a come utilizzare il proprio credito welfare.

Per quale motivo è un passaggio tanto importante? Perché SE IL PIANO DI WELFARE NON VIENE ADEGUATAMENTE COMUNICATO, NON PORTERA’ I BENEFICI CHE CI SI ASPETTA. 

Questa è una nozione che pare scontata ma non lo è e lo dimostrano i dati: solo un lavoratore su 5 conosce a fondo gli strumenti messi a disposizione dal welfare. Questo è quanto emerge dal 6° rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale. Approfondendo la tematica si scopre che gli strumenti del welfare aziendale sono ben conosciuti solo dal 19,8% dei lavoratori; Il 45% dichiara di conoscerli a grandi linee, mentre il 35,2% non ne ha la minima conoscenza. Sebbene rispetto al passato ci sia in generale una maggiore sensibilità verso queste importanti tematiche, dal report emerge l’urgente necessità di diffondere la cultura del welfare all’interno delle aziende e portarla a conoscenza dei lavoratori.

Il 79% dei dipendenti vorrebbe qualcuno che spiegasse loro cos’è il welfare!

Il rapporto svela anche gli interessi dei lavoratori ed emerge così che il 79,4% vorrebbe un supporto personalizzato per la conoscenza del welfare, il 79,2% una miglior conciliazione tra vita e lavoro, il 79,1% integrazioni di reddito, il 78% un aiuto burocratico nel rapporto con la pubblica amministrazione, mentre il 68,1% un supporto psicologico.

Naturalmente coloro che conoscono i benefici di tale sistema incentivante sono anche quelli che ne fanno maggior uso, confermando quanto la comunicazione all’interno dell’azienda sia uno strumento fondamentale, non solo per introdurre, ma anche per diffondere una nuova cultura d’impresa tra tutti i membri che ne fanno parte e per creare il perfetto mix di servizi che rispecchi le reali necessità dei dipendenti (se sono loro a dirti che cosa desiderano, difficile che poi non sfruttino tali benefici).

Spesso, purtroppo, i provider non si occupano di questa parte del lavoro e le aziende hanno troppe cose a cui pensare e danno per scontato che le informazioni girino da sole. Invece no, non è così.

Comprendi ora l’importanza di rendere partecipi i lavoratori del valore di un piano welfare e renderli parte attiva nella creazione del piano stesso, dando loro la possibilità di esprimere i loro bisogni e desideri?

Henry Ford, noto imprenditore statunitense fondatore dell’omonima casa automobilistica, disse una frase ironica ma che rende bene l’idea: “Le anatre depongono le loro uova in silenzio. Le galline invece schiamazzano come impazzite.
Qual è la conseguenza? Tutto il mondo mangia uova di gallina.”

Questo significa che se una cosa buona viene celata dal silenzio, nessuno potrà beneficiarne o apprezzarla. E questo significa che voi, cari imprenditori, avrete buttato via i vostri soldi, il vostro tempo e alla fine ne resterete delusi. 

Questo esito comporterebbe anche per noi provider dei risvolti deleteri, in quanto si potrebbe diffondere l’errata convinzione che il welfare aziendale non sia utile, che non funzioni, per questo ci teniamo particolarmente ad occuparci con cura di tutti i passaggi salienti, dall’analisi dell’azienda alla creazione del piano, inclusa la comunicazione del piano stesso, perché crediamo nel valore aggiunto che un buon piano di welfare aziendale può portare alla tua azienda ed ai tuoi dipendenti.

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CERTIFICAZIONE DELLA PARITA’ DI GENERE: OTTIENILA CON IL WELFARE AZIENDALE!

l’8 marzo abbiamo festeggiato le donne e parlato di loro. Anche quest’anno, purtroppo, sono stati segnalati dati negativi, soprattutto per quanto riguarda il mondo del lavoro, una nota dolente del nostro Paese che ha sempre visto, e continua a vedere, una forte disparità di genere.

La disparità di genere continua ad essere un problema nelle imprese italiane:

–          Il nostro paese si trova al 63esimo posto su 146 nel Global Gender Gap Index del World Economic             Forum;

–          In Italia solo la metà delle donne lavora e, di queste, il 49% con un contratto a tempo parziale;

–          Le donne guadagnano il 16,5% in meno dei loro colleghi uomini;

–          Sono solo 17 in Italia le società quotate nel 2022 con a capo una donna, mentre nelle società non                quotate le donne che ricoprono ruoli di amministratrici, amministratrici uniche e amministratrici                  delegate sono solo il 26% dei casi;

–          Per quanto riguarda le donne straniere residenti in Italia, lavora il 45,4% di loro, di cui il 42,5% sovra             istruite rispetto al ruolo ricoperto.

Sono dati negativi che fanno riflettere ed a cui bisogna porre rimedio.

A tal proposito, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha tra le sue priorità strategiche proprio il contrasto alle disuguaglianze di genere e per cercare di incentivare una soluzione a tale problema lo scorso anno è stata introdotta la certificazione della parità di genere, la quale comporta anche una serie di  premialità per le aziende virtuose che superano l’audit.

LA PRASSI UNI/Pdr 125:2022

È stata pubblicata Il 16 marzo 2022 la Prassi di Riferimento (PdR) UNI 125:2022 sulla Parità di Genere, che delinea i requisiti per la Certificazione di Parità di Genere richiamata dal PNRR M5.

La norma UNI/PdR 125:2022 è uno standard internazionale che ha l’obiettivo di fornire linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere, attraverso l’adozione di specifici KPI inerenti le politiche di parità di genere nelle organizzazioni. Tale prassi prevede la misurazione, la rendicontazione e la valutazione dei dati relativi al genere nelle imprese, per attribuire alle stesse un livello di maturità e misurare eventuali migliorie per poter ottenere la certificazione.

Ad ora sono 178 le aziende in Italia che hanno intrapreso il percorso della certificazione della parità di genere, da quando è operativa nel luglio 2022. Chi l’ottiene ha sgravi fiscali dell’1%, fino ad un massimo di 50 000€, mentre per le pmi vi è un incentivo fino a 12500€ per coprire i costi della certificazione + 2500€ per supporto tecnico propedeutico all’audit.

Alla costante ricerca della conciliazione tra lavoro e famiglia.

Un altro importante dato negativo a cui bisogna in fretta rimediare riguarda la genitorialità e le oggettive difficoltà che hanno le persone a trovare un equilibrio vita-lavoro, che le porta spesso a dover abbandonare il lavoro stesso.

Sono oltre 52mila i genitori che hanno dato le dimissioni nel 2021, di cui il 72% sono mamme (dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro). 

Sembrerebbe inoltre che il 57% dei padri non si consideri adeguatamente riconosciuto in questo ruolo sul luogo di lavoro, mentre l’80% delle madri ritiene di dover sempre mettere sé stesse in secondo piano (Secondo i dati dell’ Osservatorio vita-lavoro di Lifeed).

Una soluzione? Il welfare aziendale!

Adottare piani di welfare aziendale personalizzati sulle reali necessità dei tuoi dipendenti non solo li può aiutare a migliorare nettamente il work life balance, non solo comporterà benefici per la tua impresa a livello di produttività, calo del turnover e tanto altro, ma ti può anche permettere di intraprendere questo virtuoso percorso verso la certificazione di parità di genere.

Infatti, uno degli indicatori per accedere alla certificazione è dato proprio dalle presenza o meno di interventi di welfare aziendale a sostegno della genitorialità e della conciliazione vita-lavoro.

Le iniziative che un’azienda può mettere in atto sono molteplici, dai servizi di assistenza come le baby-sitter o gli asili aziendali, a tanti altri servizi per liberare tempo alle persone o donargli del tempo per se stessi e per i loro famigliari (ricordiamo che il welfare aziendale è infatti estendibile al proprio nucleo famigliare, non ai solo dipendenti che lo percepiscono).

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FINE DEL BONUS 3000€: NIENTE PROROGHE DAL GOVERNO MELONI.

Avvisiamo i lettori che il tempo per usufruire dell’aumento della soglia dei fringe benefit a 3000 € è terminato e tale soglia di spendibilità è tornata alla cifra ordinaria di €258,23.

Con un po’ di sorpresa, infatti, il governo Meloni non ha presentato nessuna proroga in merito nell’attuale legge di bilancio del 2023, né ha menzionato nulla riguardante il welfare aziendale.

Ricordiamo che l’innalzamento di tale soglia era iniziato con il decreto Aiuti bis del 10 agosto 2022, dove l’Esecutivo guidato da Mario Draghi aveva innalzato la cifra da 258,23 euro a 600 euro. Tale cifra è stata ulteriormente aumentata a 3 mila euro dallo stesso Governo di Giorgia Meloni per il periodo di dicembre 2022 e con scadenza al 12 gennaio 2023, ultima data utile per il pagamento degli stipendi del 2022, come previsto dal principio della cassa allargata, oltre la quale i costi sostenuti dall’azienda non sono più né deducibili ne attribuibili all’anno 2022.

I decreti Aiuti avevano inoltre previsto la possibilità di usare i benefici anche contro il caro energia, permettendo il pagamento delle bollette di luce, gas e acqua e anche le utenze condominiali, a determinate condizioni. Per lo stesso periodo, inoltre, è stato erogato anche un bonus benzina da 200 euro, per un totale di 3.200 euro all’anno, non tassati, per i lavoratori dipendenti.

Si torna alla normalità, ma restano i bonus benzina e arriva un taglio all’aliquota sui premi produzione.

Dal 13 gennaio, dunque, i fringe benefit tornano alla precedente cifra di 258,23 euro e non rientreranno in questa somma i rimborsi dei costi sostenuti per pagare le utenze energetiche.

Vengono riconfermati per tutto il 2023 i bonus benzina da 200 euro che i datori di lavoro possono erogare ai dipendenti, come da  D.L. n. 5/2023, riguardante la trasparenza dei prezzi dei carburanti, entrato in vigore il 15 gennaio 2023.

Il Governo Meloni introduce però a favore dei lavoratori il taglio dell’aliquota sui premi di produttività derivanti dalla contrattazione collettiva di secondo livello (aziendale o territoriale) (articolo 1, comma 63) fino ai 3 mila euro, passando all’ordinario 10% al 5% per i lavoratori con redditi annui inferiori ad 80 mila euro.

Riflessione e dubbi sull’intervento.

La totale assenza della tematica del welfare aziendale solleva un generale scalpore, soprattutto dopo che si era ricorsi nei mesi passati addirittura ad un esagerato aumento della soglia dei fringe benefit, scelta estremamente costosa e, a nostro avviso, molto poco sociale, come abbiamo avuto modo di approfondire nel seguente articolo à https://www.ernestodepetra.it/stop-alla-svalorizzazione-del-welfare-aziendale/

L’utilizzo del welfare aziendale da parte delle imprese italiane ha subito un portentoso aumento negli ultimi anni (+480% i piani welfare attivati da gennaio 2016 alla fine del 2021), eppure il legislatore sembra essersene dimenticato.

Al di là del ritorno o meno allo stato ordinario della soglia di spendibilità sui fringe benefit, quello in cui si sperava erano interventi che potessero incidere positivamente su aspetti di natura sociale, ad esempio alcuni interventi correttivi al comma 2 dello stesso articolo 51, come una nuova regolazione del riconoscimento degli interessi passivi dei mutui, misure per la mobilità sostenibile, ricomprensione nel welfare delle spese per la cura di animali domestici e per l’affitto degli studenti fuori sede, ecc…

Nulla di tutto ciò è stato menzionato, non ci resta che aspettare il decreto c.d. Milleproroghe o nuovi decreti aiuti, per capire se e quali interventi verranno fatti in favore del welfare aziendale e dei lavoratori.

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A presto,

Ottimi risultati per il welfare nel 2022!

Siamo alla fine del 2022 e come tutti gli anni si stila un bilancio dei risultati ottenuti: buone le notizie che arrivano dal mondo del welfare aziendale, che dimostrano una consapevolezza ormai strutturata dell’importanza dell’argomento non più solo ad appannaggio delle grandi imprese, ma anche per le PMI.

Riportiamo di seguito i risultati del settimo rapporto WELFARE INDEX PMI di Generali Italia, iniziativa promossa da Generali Italia con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e con la partecipazione delle principali Confederazioni italiane – Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato, Confprofessioni e Confcommercio, alla quale quest’anno hanno partecipato 6500 aziende italiane di tutti i settori e dimensioni:

innanzitutto, il 68% delle piccole e medie imprese italiane tra quelle analizzate ha superato il livello base di welfare aziendale.

Raddoppia inoltre il numero di PMI con livello molto alto e alto, passando dal 10,3% del 2016 al 24,7% del 2022.

Il rapporto tiene conto di 10 aree fondamentali riguardanti il welfare aziendale:

1) Previdenza e protezione, 2) Salute e assistenza, 3) Conciliazione vita-lavoro, 4) Sostegno economico ai lavoratori, 5) Sviluppo del capitale umano, 6) Sostegno per educazione e cultura, 7) Diritti, diversità, inclusione, 8) Condizioni lavorative e sicurezza, 9) Responsabilità sociale verso consumatori e fornitori, 10) Welfare di comunità.

Il livello elevato di welfare è stato raggiunto da una percentuale sempre più elevata di imprese nelle varie categorie in cui sono suddivise:

la quota di imprese con oltre 250 addetti è passata dal 64,1% nel 2017 al  70,7% nel 2022;

 quelle con un numero di addetti tra 101 e 250 (PMI) è passata dal 59,8% nel 2017 al 66,8% nel 2022;

raddoppiano le microimprese (da 6 a 9 addetti) che passano dal 7,7% del 2017 al 15,1% del 2022.

L’incremento è dovuto in buona parte anche all’intervento dello Stato, semplificando la normativa e aumentando le risorse pubbliche stanziate per la protezione sociale.

Questi ottimi dati ci incoraggiano a non fermarci nel nostro progetto di diffondere sempre più il concetto di welfare aziendale personalizzato, l’unico in grado di portare risultati efficienti e stabili nel tempo.

Sei un dipendente con un piano welfare attivo? Ti ricordiamo che entro la fine dell’anno devi consumare il tuo credito welfare, salvo che il piano non preveda, in caso di rinnovo, un riaccredito del budget residuo!

Si ricorda inoltre che, per chi avesse percepito entro la fine anno la soglia innalzata dei fringe benefit (al massimo 3000€), si ha tempo fino al 12.01.2023 per poterli utilizzare.

Cogliamo occasione in questa mail per augurare a tutti Voi un sincero augurio di Buon Natale e di un sereno e proficuo 2023!

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Stop alla svalorizzazione del Welfare Aziendale!

Il recentissimo Decreto Aiuti Quater, proposto dal ministro Giancarlo Giorgetti per modificare ed integrare il precedente Decreto aiuti Bis del governo Draghi, ha sollevato un polverone nel mondo del welfare aziendale. Di cosa si tratta?

Il governo ha alzato, attualmente limitatamente al periodo d’imposta del 2022 e quindi solo per dicembre di quest’anno (non è chiaro ancora se verrà successivamente prorogato per il 2023), da 600€ a 3000€ la soglia massima dei fringe benefit.

Nel precedente decreto aiuti si ricorda che era stata integrata la possibilità di rimborso delle utenze domestiche di acqua luce e gas sotto forma di fringe benefit, per alleggerire i dipendenti dal gravare della situazione energetica mondiale causata dal conflitto bellico tra Russia e Ucraina.

(Trovi maggiori informazioni in questo articolo )

https://www.ernestodepetra.it/in-arrivo-il-decreto-aiuti-bis-welfare-fino-a-600-euro-ed-altre-novita/

A tal proposito, per interpretare al meglio l’intervento governativo, arriva anche la delucidazione dell’Agenzia delle Entrate, nella Circolare n.35 del 4 novembre 2022, di cui trovate il testo completo al seguente link:

https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/documents/20143/4785312/circolare_welfare_aziendale_+n.+35+del+4+novembre+2022+.pdf/657de91b-6e75-2330-ce10-450e5f7a561b

Sembrerebbe una notizia bellissima, ma lo è?

Non del tutto, questo perché vi è il rischio, in primis, che il welfare aziendale perda totalmente i suoi connotati nobili e di natura sociale, vero ed unico scopo di questa pratica. Non dimentichiamoci, infatti, che il welfare aziendale nasce come strumento di sostegno ai dipendenti ed alle famiglie, creato con lo scopo di andare ad integrare e sopperire alle mancanze del Welfare State, in quegli ambiti che riguardano per esempio la salute, l’educazione dei figli, l’assistenza alle categorie più fragili come i minori, gli anziani, i disabili, un contributo al miglioramento dell’equilibrio vita-lavoro, liberare tempo ai dipendenti e permettere loro di vivere una vita il più serena possibile. Questa è la vera natura del welfare.

I fringe benefit sono invece per l’appunto benefici che l’imprenditore attribuisce a determinate categorie di dipendenti come integrazione alla retribuzione ordinaria (per esempio l’auto aziendale, i buoni pasto o i buoni carburante).

Innalzare i fringe benefit a 3000 € è vero che nelle odierne condizioni di emergenza energetica va ad alleggerire i costi che devono sostenere le famiglie italiane, e questo è positivo, ma in pratica significa limitarsi a dare del denaro extra ai dipendenti avvantaggiandosi della totale esenzione fiscale, dando a questi la possibilità di spenderli più o meno come vogliono, anche per fare shopping, non per forza solo per pagare le bollette. E’ una mancia, non è più un intervento mirato in aiuto della popolazione come dovrebbe essere per sua natura il welfare aziendale.

Inoltre, vi è il rischio che le imprese siano disincentivate a mettere in piedi piani di welfare aziendale più complessi ma realmente utili sul breve quanto sul lungo termine e si limitino invece a erogare questi bonus perché di più rapida formalizzazione ed erogazione.

Una minore percezione, che porta anche a risultati minori per l’impresa:

Va infine fatto notare che vi è una diversa percezione, soprattutto sul lungo termine, tra offrire un piano di welfare aziendale articolato, coinvolgendo i dipendenti stessi anche nella scelta dei servizi di cui potranno poi usufruire, rispetto a concedergli semplicemente una cifra in denaro spendibile a caso, di cui si dimenticheranno molto in fretta, andando a vanificare tutti i benefici per l’impresa: miglioramento del clima aziendale, maggiore produttività, attrazione dei talenti ed aumento della brand reputation. Gli rimangono solo i benefici fiscali…ma a che prezzo!

Soluzioni?

Riteniamo che la problematica non sia legata tanto all’aumento della soglia dei fringe benefit a una cifra 10 volte superiore a quella iniziale (normalmente di 258,23 €), bensì al fatto che questi non rientrano nella filosofia del vero welfare aziendale. Una soluzione potrebbe invece essere quella di limitare l’utilizzo di tale cifra ai rimborsi per le utenze, ma anche alle spese sanitarie, o alle spese per i figli, per i beni  e i servizi necessari, tagliando fuori tutto il superfluo, tipo i buoni shopping, che sviliscono totalmente la finalità sociale dell’intervento sostenuto.

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Sì ai Benefit, ma la conciliazione vita-lavoro?

I benefit fanno bene ai lavoratori ed è un buon modo per premiarli ed anche un’ottima leva per attrarre i talenti, ma non risolvono un altro loro problema sul quale gli esperti di welfare aziendale insistono molto: l’equilibrio vita-lavoro.

Con settembre e ottobre le famiglie hanno ripreso tutti gli impegni: lavoro, figli a scuola, figli da portare in tutte le loro attività extrascolastiche, commissioni, assistenza ai famigliari, attività sportive e molto altro. Il tempo è sempre troppo poco per tutti. Se i lavoratori sono troppo stressati il problema non ricade solo su di loro, ma anche sull’azienda, in quanto questi saranno meno produttivi, aumenteranno le assenze e vi sarà un elevato turnover.

Come fare?

Innanzitutto un’ottima soluzione è quella di inserire in azienda il maggiordomo aziendale, professionista che ha il compito di recarsi con una cadenza prestabilita, prendere tutte le richieste dei dipendenti e svolgerle al posto loro: fare la spesa, andare presso gli uffici per pratiche burocratiche, ritirare la ricetta dal dottore ed acquistare farmaci, lavare la macchina e molto altro. Questo libera molto tempo ai lavoratori, che potranno ridistribuirlo nelle altre attività quotidiane o utilizzarlo per fare ciò che più amano.

Un’altra soluzione è quella di sollevare i dipendenti dall’assistenza verso altri famigliari (genitori, figli, parenti con disabilità), problema fortemente sentito soprattutto dalle donne, spesso costrette a lasciare il lavoro proprio per questo motivo.

Offrire ai dipendenti servizi come la babysitter, la badante per i genitori o servizi di trasporto per i parenti non autonomi significa dare una mano molto importante ad una grossa fetta della popolazione lavorativa, evitare il turnover, fidelizzare il dipendente che sarà, in cambio, molto più produttivo e libero da parecchi pensieri legati alla sfera famigliare.

Infine, si menzionano tutte quelle soluzioni di welfare aziendale che vanno ad incidere direttamente sul tempo: smart working, aumento dei congedi parentali o permessi extra, riduzione della settimana lavorativa, flessibilità oraria ecc.

Come capire qual è la soluzione migliore?

Un piano di welfare aziendale, per essere realmente efficace, dev’essere personalizzato sulle reali necessità dei dipendenti. Suggeriamo sempre di effettuare un questionario dei bisogni, in modo tale da fare emergere direttamente dai lavoratori quali sono le loro esigenze e potere così andare ad agire in maniera molto più mirata ed efficace.

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